La TOPOGRAFIA della villa imperiale di Settimio Severo sui colli del lago di Baccano.
BACCANO si trova sulla Cassia, nel Comune di Campagnano di Roma, a circa 30 km. dalla capitale. Il nome è variamente ricordato nelle fonti: Vacanas nel testo della Tabula Peutingeriana, Baccanae oppure ad Baccana dall’Itinerarium Antoninum, Battanae dall’Anonimo Ravennate.
La serie dei mosaici è stata in realtà riportata alla luce, come è attestato dai numerosi documenti e dalle relazioni pubblicate, nella località detta Bosco di Baccano, distante da Roma 26,7 chilometri (tra la Valle della Merla, Monte Pineto e Monte Lungo, oltre il bivio a nord di Cesano, Tav. A).
Il territorio costituiva allora un’unica vasta tenuta acquistata dal Sili, ancor oggi denominata Casale Sili.
Quanto all’ubicazione precisa dell’edificio antico, si parla di
“un edificio… ai piè di un piccolo colle… bagnato da un fresco rivo“.
Il luogo è poco distante dall’attuale Casale Sili, verso la base della collinetta che, assai ripida e scoscesa, scende verso un fondo valle dove sussiste ancora uno scarno residuo del bosco.
Due sopralluoghi furono effettuati dalla Scuola Nazionale di Archeologia nella zona percorrendo un vasto raggio di terreno e rilevando i resti di varie ville, e successivamente identificando le tracce da cui provenivano i mosaici.

Nel secondo sopralluogo, lungo il pendio del colle, giù sino alla base, si sono potute raccogliere numerose tessere di mosaico, prevalentemente bianche e nere; frammenti di terra sigillata chiara e di tardo-italica, frammenti di vasi grossolani d’uso comune. Nella stessa zona, ma più a monte, giace un grosso frammento di cassettone da soffitto in marmo che sembra essere lunense (tav. C,2) ed un frammento d’orlo, forse di bacino, in pietra scura.
Il Prof. J.B. Ward Perkins, direttore della Scuola Britannica di Roma, che ha elaborato la carta archeologica di tutto l’agro veiente, ha confermato l’esattezza dell’individuazione del sito. La ceramica raccolta dal Perkins, è risultata databile fra il II ed il IV sec. d.C. Tale datazione, dal punto di vista dei materiali ceramici, riveste un estremo interesse, anche perché le fonti d’informazione dell’epoca dello scavo, suffragate dai sopra citati ancorché scarni rinvenimenti sul terreno, parlano di fasi edilizie in tufelli e laterizi, di I sec. dell’Impero, età adrianea e d’epoca considerevolmente più tarda.
La presenza di vetri per finestre, suggerisce di per sé l’idea di un edificio di una certa importanza, e così quella dei rivestimenti marmorei alle pareti che, a quanto riferiscono le fonti contemporanee allo scavo, recavano anche stucchi e pitture; il fatto che si tratti di marmi non italici, conferma la nobiltà dell’edificio.
Il titolo di “Villa imperiale o Villa dei Severi” a seguito degli studi del De Rossi: forse fu qui il sito del martirio di S. Alexandro, Vescovo di Baccano
L’idea dell’appartenenza alla casa dei Severi, e pertanto il titolo di “Villa imperiale“, derivano alla villa dal fatto che, nello scavo, fra gli altri materiali venne alla luce una fistula acquaria di piombo, con la scritta P. SEPTIMI GETA.

La fistula di Settimio Geta, costituì il punto di partenza dal quale mosse il De Rossi (massimo esperto di archeologia cristiana del tempo), per giungere a fissare nella Villa di Baccano il sito del martirio di S. Alessandro (vescovo di Baccano) che, secondo la tradizione avrebbe trovato la morte nella villa di un “Antonino” nella zona veiente. Il De Rossi riteneva che il martirio fosse avvenuto sotto il regno di Caracalla e che la villa fosse, proprietà della famiglia imperiale, ma di recente acquisizione, passata ai Severi dopo il processo a carico di Prescennio Nigro (nato ad Aquino nel 135 da un’antica famiglia italica del ceto equestre, era stato governatore della Siria e fu proclamato imperatore dalle legioni orientali. Settimio Severo, un altro comandante romano, riuscì a prendere Roma per primo, e mosse quindi contro di lui in Oriente. Pescennio Nigro, sconfitto nelle battaglie di Cizico, Nicea e Isso, si ritirò in Antiochia ma fu ucciso mentre tentava di fuggire verso l’impero dei Parti).
Tale complesso di osservazioni del De Rossi fu acquisito da numerosi studiosi, che iniziarono a dare alla villa l’appellativo di villa imperiale o villa dei Severi, ed interpretarono il nome di P. Settimio Geta della fistula a volte come quello del figlio, a volte come quello del fratello dell’imperatore Settimio Severo.
Gli studi più recenti sul periodo dei Severi, sulla famiglia e le carriere dei medesimi, hanno dimostrato sulla base pure del carme di Stazio che non vi sono dubbi sul fatto che un Settimio Severo possedesse un podere ed una villa nell’agro veiente. Il dato documentario è importante perché permette di stabilire che la villa di Bosco di Baccano, sorta nel I sec. dell’Impero, come dimostravano le sue strutture, per opera di un avo omonimo dell’Imperatore, continuò ad essere di proprietà della famiglia attraverso i secoli e subì i restauri e i rifacimenti che la costruzione, col tempo, richiese.
Andando a concludere, è doveroso riferire del rinvenimento effettuato nel 1822 da Luca Fioravanti, nel terreno denominato “Campo la Statua”, in prossimità della villa dei Severi, di un tronco di colonna romana, con “viticci ed uccelli scolpiti”, consegnata alle autorità comunali ed oggi conservata nella sede culturale comunale di Palazzo Venturi a Campagnano di Roma.
Curiosità: “Perché il luogo del rinvenimento si chiama “Campo la Statua”? Chissà che ci avranno trovato per denominarla così?…”
(I testi sono stati elaborati da Dionisio Moretti, Annalisa Venanzini e Paola Spaccia)