Dalla Civiltà Villanoviana (età del ferro) agli Etruschi
Il Villanoviano (X secolo a.C. – VIII secolo a.C.), o cultura villanoviana o civiltà villanoviana, è una facies della prima età del Ferro e rappresenta la fase più antica della civiltà etrusca.
Il nome deriva dalla località di Villanova, frazione del comune di Castenaso nella città metropolitana di Bologna dove, fra il 1853 e il 1855, Giovanni Gozzadini (1810–1887) ritrovò i resti di una necropoli, portando alla luce 193 tombe, di cui 179 a incinerazione e 14 a inumazione.
Nel IX secolo a.C. gli insediamenti villanoviani sembrerebbero capillarmente distribuiti in buona parte dell’Italia centrale.
Gli insediamenti umani mantennero sempre la caratteristica di piccoli villaggi, e costituirono le basi dei futuri insediamenti prima di Veio e poi di Roma.
Le necropoli villanoviane gli ossari e i corredi funebri

Il Villanoviano prende il nome dalla necropoli di Villanova, presso Bologna, la prima del genere ad essere studiata in Italia. Tipico di questa cultura era la sepoltura: questa veniva effettuata dentro un ossuario che aveva di noma la forma di un’urna biconica in cui il collo ed il corpo erano nettamente differenziati. Il tipico ossuario biconico era provvisto di una o due anse orizzontali impostate sul punto di massima espansione; nel caso di vasi con due manici di cui uno spezzato, si è ipotizzato una funzione rituale. Le urne cinerarie erano chiuse da scodelle rovesciate o, a volte, da elmi per alcune sepolture maschili.
I corredi funebri rivelarono ben presto che questi sepolcreti erano di gran lunga più antichi delle ricche tombe del periodo etrusco. Le tombe più antiche consistevano in pozzi circolari profondamente scavati nella roccia.

Un altro tipo di cinerario, comune all’area di cultura laziale, è l’urna a capanna, attestata nell’Etruria costiera e meridionale interna, che si ritiene fosse riservata ai Pater Familias.
Gli oggetti di corredo erano collocati accanto al cadavere o all’interno di una piccola cavità ricavata sul lato della fossa. Esso comprendeva oggetti metallici, gioielli e materiali preziosi. Un esempio che rivela l’importanza della cultura villanoviana, si manifesta nella nostra regione dagli scavi della necropoli dei Quattro Fontanili di Veio.
Il corredo funerario poteva comprendere morsi di cavallo, rasoi lunati (con la lama a forma di mezzaluna), fibule (spille chiuse per le vesti) “serpeggianti”, spilloni e armi per gli uomini, oppure elementi di cinturoni, fibule “ad arco”, spirali per capelli ed elementi del telaio per le donne. Nelle deposizioni villanoviane risulta poco diffusa la presenza di elementi ceramici diversi dall’urna cineraria e dal coperchio della stessa.
L’insediamento Villanoviano di Monte S. Angelo, tra I laghi di Baccano e di Martignano.
Per venire al nostro territorio, nel corso del IX sec. a.C., vediamo verificarsi una notevole espansione villanoviana sia di nuclei abitativi che di siti sparsi. Per quanto concerne la regione Lazio, sul finire del XIX secolo, fu individuato da due importanti studiosi (Cozza e Pasqui), un importante insediamento sulla sommità di Monte S. Angelo, la collina che si interpone fra il lago di Martignano e l’alveo di Baccano. Sulla cima gli studiosi riconobbero un’opera di spianamento artificiale (m. 180 x m.60) e cospicui resti di una fortificazione composta da sassi informi e terra.
Resti di un analogo recinto furono esaminati sul colle sottostante in loc.tà La Sasseta. A causa dell’azione degli agenti atmosferici e dell’opera dell’uomo, le tracce delle abitazioni erano cancellate. Fu possibile raccogliere soltanto frammenti fittili, lavorati a mano, cotti a fuoco libero e alcune fibule. Oggi, a causa dei lavori agricoli effettuati, il sito non è più identificabile.
Sulle pendici Sud-Occidentali del monte, furono scavati 4 Sepolcreti con tombe ad incinerazione, riferibili all’Età del Bronzo e alla prima Età del Ferro.
Agli inizi degli anni ’90 dello scorso secolo, tra le pendici di monte S. Angelo e la sponda del lago, furono trovati in superficie molti frammenti fittili di tipo protovillanoviano e villanoviano.
La società villanoviana era inizialmente dedita all’agricoltura e all’allevamento, ma progressivamente le attività artigianali specializzate (particolarmente la metallurgia e la ceramica) generarono accumulo di ricchezza e favorirono la stratificazione sociale.
Successivamente le popolazioni tendono ad abbandonare gli altopiani sui quali si erano stanziate nel periodo precedente con finalità essenzialmente difensive, privilegiando pianori e colline adiacenti per poter meglio sfruttare le risorse agricole e minerarie. Gli insediamenti si caratterizzano per una maggior concentrazione e per la loro collocazione in prossimità di vie di comunicazioni naturali e di approdi fluviali, lacustri e marittimi.
Nel Lazio settentrionale la progressiva crescita demografica e la vicenda dei rapporti, spesso non pacifici, tra i centri abitati protostorici, portò alla nascita di grandi centri abitati, per “sinecismo” (aggregazione) di villaggi anche non vicini tra loro.
Dall’aggregazione di piccoli villaggi preistorici nasceranno poi le grandi città etrusche
A partire dal IX secolo a.C. si posero così le basi di quelle che sarebbero state le grandi città etrusche di epoca storica, come Volterra, Chiusi, Vetulonia, Orvieto, Vulci, Roselle, Tarquinia, Cerveteri, Veio. Dal IX all’VIII secolo a.C., specie a causa del successo del nuovo sistema economico e produttivo, si accentuò la consistenza della popolazione di questi grandi centri “protourbani”, che occupavano vaste aree unitariamente delimitate, mentre i diversi gruppi familiari seppellivano i defunti in luoghi posti al di fuori dei limiti dell’abitato: una vasta “necropoli”. I grandi abitati centrali divennero importanti nodi sulle vie di comunicazione e, controllando territori piuttosto estesi (nell’ordine dei 1000 km²), spesso con piccoli abitati satelliti in corrispondenza dei confini, dettero luogo alla prima forma di stato della penisola.
Testi di Dionisio Moretti